[vc_row][vc_column width=”1/1″][vc_column_text]La Cassazione fa chiarezza in merito al riparto degli oneri probatori conseguenti al danno subito dal paziente per opera del dentista, ribaltando le pronunce delle corti territoriali che avevano ritenuto come il paziente non fosse riuscito a dimostrare la colpa del medico.

In particolare la Corte d’Appello – rigettando la domanda del paziente –  aveva sostenuto che “chi ottiene una prestazione da un esercente una professione intellettuale (il dentista nella specie, ndr) non può limitarsi a provare il danno ingiusto subito, ma deve provare altresì l’inesattezza dell’inadempimento e quindi anche l’inadeguata e/o difettosa prestazione del professionista, prestazione in ordine alla quale l’attore-appellante C. si è limitato ad insinuare dubbi, ma non ha offerto di provare circostanze volte a dimostrare che il dentista dott. S., nell’esecuzione dell’intervento, abbia eseguito errori o sia incorso in specifiche negligenze“.

La tesi però non convince ed infatti è stata a ragione ritenuta dal giudice di legittimità in aperto contrasto con un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale che prevede che, l’attore, paziente danneggiato, deve limitarsi a provare l’esistenza del contratto (o il contatto sociale) e l’insorgenza o l’aggravamento della patologia ed allegare l’inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, rimanendo a carico del debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato, ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante.

 

TESTO DELLA SENTENZA

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 14 maggio – 8 luglio 2014, n. 15490

Svolgimento del processo

l. D.C. convenne in giudizio davanti alla Sezione distaccata di Merano del Tribunale di Bolzano il dentista G.S., proponendo domanda di risarcimento del danno che asseriva di aver subito alla propria persona.
Dedusse l’attore che tale danno era stato da lui subito in conseguenza di una estrazione dentaria effettuata dal convenuto nell’anno 1997 e che lo stesso consisteva in ipoestesia all’emilabbro inferiore sinistro e alla zona corrispondente del cavo boccale, nonché nella parziale lesione del nervo alveolare inferiore.
Il danno fu quantificato nell’importo di € 11.912,31.
Il convenuto S., costituendosi, contestò la sussistenza di un proprio errore professionale e chiese la reiezione delle domande attrici. Con successiva memoria ex art. 180 c.p.c. lo stesso S. eccepì, a norma dell’art. 2947 c.c., la prescrizione del diritto al risarcimento del danno fatto valere dall’attore.
2. Il Tribunale rigettò l’eccezione di prescrizione e la domanda attrice in quanto, pur sussistendo il nesso eziologico fra condotta del dentista ed evento dannoso, non ravvisò alcuna colpa nella condotta del professionista.
3. Avverso tale sentenza, propose appello l’originario attore D.C.
(Omissis).
Insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 n. 5.»
Sostiene parte ricorrente che la Corte d’appello ha erroneamente posto la prova dell’inadempimento del dentista in capo al danneggiato e rileva che la relativa decisione sarebbe in aperto contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità e di merito secondo la quale, nel giudizio in cui il paziente agisce chiedendo il risarcimento del danno subito in seguito ad un intervento dentistico, sono a carico dell’attore la prova del contratto, quella dell’insorgenza di nuove patologie e quella del nesso di causalità fra l’azione del medico e l’evento dannoso. Detta giurisprudenza, quindi, impone al danneggiato solo di allegare l’inadempimento del sanitario, mentre fa gravare sul dentista l’onere di provare l’esattezza del suo adempimento.
Da tale erronea ripartizione dell’onere probatorio discende, ad avviso del ricorrente, la conseguenza che il difetto di certa ed inequivoca prova od anche il dubbio o l’incertezza di essa ricadono sulla parte processuale che non sarebbe tenuta a fornirla.
7. Con il secondo motivo si denuncia «violazione degli artt. 2697, 2727, 2729 c.c. 61, 62, 112, 115, 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 C.P.C. ed omessa, insufficiente, contraddittoria pronuncia e motivazione su fatti controversi decisivi per il giudizio, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.»
Ad avviso del ricorrente l’impugnata sentenza ha omesso di pronunciarsi e di motivare sui punti dell’appello relativi alla consulenza tecnica, al valore probatorio della cartella clinica e ai principi fissati dalla giurisprudenza in materia di responsabilità del medico odontoiatra ed anestesista.
Il ricorrente lamenta altresì che il c.t.u. ha escluso un suo danno diretto, provocato dall’estrazione dentaria, nonché l’acritico recepimento, da parte della Corte d’appello, della consulenza tecnica in quanto in contrasto con le risultanze documentali.
8. I due motivi, da esaminare congiuntamente per l’evidente connessione, sono fondati.
Per consolidata giurisprudenza di questa Corte, infatti, in tema di responsabilità contrattuale del medico nei confronti del paziente per danni derivanti dall’esercizio di attività di carattere sanitario, il paziente ha il solo onere di dedurre qualificate inadempienze, in tesi idonee a porsi come causa o concausa del danno, restando poi a carico del debitore convenuto l’onere di dimostrare o che nessun rimprovero di scarsa diligenza o di imperizia possa essergli mosso, o che, pur essendovi stato un suo inesatto adempimento, questo non abbia avuto alcuna incidenza causale sulla produzione del danno (Cass., 21 luglio 2011, n. 15993).
In altri termini, ai fini del riparto dell’onere probatorio, l’attore, paziente danneggiato, deve limitarsi a provare l’esistenza del contratto (o il contatto sociale) e l’insorgenza o l’aggravamento della patologia ed allegare l’inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, rimanendo a carico del debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato, ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante.
L’impugnata sentenza, a p. 6, ha precisato invece che “chi ottiene una prestazione da un esercente una professione intellettuale non può limitarsi a provare il danno ingiusto subito, ma deve provare altresì l’inesattezza dell’inadempimento e quindi anche l’inadeguata e/o difettosa prestazione del professionista, prestazione in ordine alla quale l’attore-appellante C. si è limitato ad insinuare dubbi, ma non ha offerto di provare circostanze volte a dimostrare che il dentista dott. S., nell’esecuzione dell’intervento, abbia eseguito errori o sia incorso in specifiche negligenze”.
Tale assunto non è corretto. Il criterio di riparto dell’onere probatorio, adottato dal giudice a quo in relazione alla fattispecie concreta è infatti in contrasto con la consolidata giurisprudenza di questa Corte, quale sopra riportata.
Non avendo individuato la corretta regola, la sentenza non argomenta l’esenzione di colpa professionale in modo giuridicamente e logicamente appagante.
9. I motivi del ricorso devono essere pertanto accolti e il giudice del rinvio si dovrà attenere ai principi elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte in tema di responsabilità professionale del sanitario.
Lo stesso giudice provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla Corte d’appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.[/vc_column_text][dt_gap height=”20″][dt_fancy_separator separator_style=”line” separator_color=”default”][dt_gap height=”20″][vc_column_text]

La morte nel Diritto Civile

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