
Di Gino M.D. Arnone – Avvocato.
Il tragico attentato terroristico che ha sconvolto ieri Manchester nonché l’alto livello d’allerta che il ministero dell’Interno ha dichiarato essere stato attivato per il rischio di possibili attacchi ai principali luoghi di culto e aggregazione sono elementi che generano preoccupazione e inducono a riflettere sulla normativa indennitaria che interessa questa delicata fattispecie.
In termini più generali occorre anche riflettere circa la normativa posta a tutela delle vittime di reati violenti (di cui il terrorismo costituisce fattispecie particolare), anche perché non è semplice distinguere se un reato violento, ad esempio la rapina, sia commessa per finanziare attività di terrorismo o altro, considerando in ogni caso che la Commissione Europea ha formalmente contestato all’Italia l’inadeguatezza della propria legislazione di tutela delle vittime di reato violento sostanzialmente perché garantisce la percezione dell’indennizzo: solo in alcune ipotesi ma per non tutti i reati intenzionali e violenti; perché non lo prevede “tanto nelle situazioni nazionali, quanto in quelle transfrontaliere, a prescindere dal paese di residenza della vittima ed indipendentemente dallo Stato membro in cui il reato è stato commesso”.
Ma procediamo con ordine, soffermandoci ora direttamente sui danni provocati dal terrorismo.
- TERRORISMO E INDENNIZZO.
Lo Stato italiano è intervenuto a più riprese a disciplinare strumenti di tutela a favore delle vittime per fatti di terrorismo e di criminalità organizzata, al fine di offrire sostegno morale ed economico alle vittime ed ai loro superstiti. La legge 206/2004 costituisce oggi la principale normativa di riferimento: essa – oggetto di successive modifiche ed integrazioni da ultimo con legge 190/2014 (Legge di stabilità 2015) – ha infatti espressamente ampliato la disciplina già prevista dalla legge 302/1990, prevedendo una serie di aiuti economici, fiscali e previdenziali concessi dal ministero dell’Interno.
Sono in particolare considerate vittime del terrorismo:
1) i cittadini italiani, stranieri o apolidi, deceduti o feriti a causa di atti terroristici o di criminalità organizzata di stampo mafioso, verificatisi nel territorio dello Stato italiano, a decorrere dal 1° gennaio 1961;
2) i cittadini italiani residenti in Italia vittime di atti terroristici verificatisi all’estero, a decorrere dal 1° gennaio 1961;
3) le vittime della strage di Ustica, le vittime dei delitti della cosiddetta “banda della Uno bianca”;
4) le vittime della criminalità organizzata, le vittime del dovere e i sindaci vittime di atti criminali nell’espletamento delle loro funzioni;
5) i cittadini incorsi in azioni criminose compiute sul territorio nazionale in via ripetitiva, rivolte a soggetti indeterminati e poste in essere in luoghi pubblici o aperti al pubblico;
6) i familiari superstiti delle vittime degli eventi terroristici, della criminalità organizzata e del dovere
A favore di queste categorie e dei loro familiari sono concessi fondamentalmente due tipi differenti di benefici, rispettivamente economici e non economici.
Benefici di natura economica:
1) speciale elargizione, nella misura massima di euro 200.000,00 (prevista per l’ipotesi del decesso); detta elargizione è infatti corrisposta nella misura massima di 200.000 euro in proporzione alla percentuale di invalidità riportata, in ragione di 2.000 euro per ogni punto percentuale.
2) assegno vitalizio non reversibile esente da IRPEF;
Benefici di natura non economica:
1) agevolazioni in ambito pensionistico
2) collocamento obbligatorio con precedenza e preferenza a parità di titoli;
3) esenzione dal pagamento del ticket per ogni tipo di prestazione sanitaria;
4) riserva di posti per l’assunzione ad ogni livello e qualifica
- ATTENTATI TERRORISTICI SU AEREI E NAVI
In particolari fattispecie, quali ad esempio quelle relative ad attentati terroristi a bordo di aerei o treni, è bene tenere a mente che agli indennizzi previsti per effetto della normativa sopra indicata si aggiungo gli indennizzi previsti dalle normative settoriali, quali la Convenzione di Montreal per il trasporto aereo e la Convenzione di Atene, unitamente al Regolamento europeo n. 725/2004 del 31.03.2004 per il trasporto marittimo. Ad esempio, un attentato terroristico a bordo di un aereo obbligherà il vettore a corrispondere quantomeno l’importo di 100.000 DSP (diritti speciali di prelievo), pari all’oggi a circa 130.000 euro per il solo fatto che la morte del passeggero sia avvenuta a bordo dell’aereo e ferma la possibilità, in particolari ipotesi, di ottenere il risarcimento del maggior danno.
- REATO VIOLENTO E INDENNIZZO
Venendo ora al secondo tema, in virtù della direttiva europea in forza dell’applicazione della Direttiva Europea CE 2004/80 tutte le vittime di reati intenzionali violenti, appartenenti all’Unione Europea, dovrebbero essere indennizzate in maniera equa ed adeguata dallo Stato nel quale si è verificato il fatto criminoso, indipendentemente dal tipo di reato e dalla transnazionalità dello stesso. Ossia il diritto dovrebbe essere riconosciuto come anche in caso di reati violenti consumati sul territorio della Repubblica Italiana, impossibilitate a conseguire dai loro offensori il risarcimento integrale dei danni. Precisiamo che a differenza della normativa sulle vittime del terrorismo, che prevede importi risarcitori prestabiliti, la normativa in tema di vittime di reato violento rimandata all’equo ed adeguato apprezzamento del giudice l’ammontare dell’indennizzo. Sebbene ciò avvenga regolarmente in quasi tutti gli altri ordinamenti nazionali europei, detto diritto non sussiste per le vittime di reato violento avvenuto in Italia.
Va detto in ogni caso che in questo contrastato panorama giurisprudenziale la Commissione Europea nell’ottobre 2014 (che segue ad un primo avvertimento dell’ottobre 2013 risultato totalmente inascoltato dal nostro Legislatore) ha deciso di deferire l’Italia “alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per inadeguata attuazione delle norme dell’UE in materia di indennizzo delle vittime di reato (direttiva 2004/80/CE)” ritenendo inadeguata la legislazione italiana carente sia perché garantisce la percezione dell’indennizzo solo in alcune ipotesi ma per non tutti i reati intenzionali e violenti e sia perché non lo prevede “tanto nelle situazioni nazionali, quanto in quelle transfrontaliere, a prescindere dal paese di residenza della vittima ed indipendentemente dallo Stato membro in cui il reato è stato commesso”.
La Corte di Cassazione, che come detto ha sospeso il giudizio nell’attesa del pronunciamento della CGUE, ha comunque esplicitamente ritenuto di non dover accogliere la tesi assolutoria dello Stato, anche se vista l’impostazione di tutta l’Ordinanza n. 18003/2015 risulta chiaro come le sia mancato il coraggio di assumere una decisione ormai obbligatoria, solo rinviandola forse per le implicazioni che una tale sentenza avrebbe potuto avere sulle già disastrate finanze italiane.