Di Stefano Bertone – Avvocato.
Le spese sostenute dall’attore all’estero, in preparazione e della lite in Italia, devono essere liquidate unitamente a quelle sostenute dai suoi avvocati italiani. E’ quanto afferma la recentissima decisione del Tribunale civile di Firenze, il quale precisa anche che tra il liquidato a titolo di danno e il liquidato a titolo di spese legali deve intercorrere un criterio di proporzionalità.
Danno non patrimoniale € 2.500, spese legali (anche generate all’estero) liquidate € 13.238: possibile?
Si, lo ha appena sostenuto il Tribunale di Firenze (sentenza n. 2417/15 del 1.7.2015, G.U. Niccolò Calvani) in un caso di lievissime lesioni personali patite da un turista inglese, feritosi durante una vacanza in una struttura ricettiva in Toscana.
A fronte del fatto l’attore si rivolge ad uno studio legale nel proprio stato di residenza, l’Inghilterra, il quale a sua volta coinvolge uno studio legale italiano per gestire la controversia nel nostro paese.
Intentato il giudizio contro la struttura – la quale non nega il fatto lesivo – viene disposta una CTU medico legale che conclude per l’esistenza di un danno non patrimoniale di natura biologica modesto (1% di i.p. oltre ad una piccola temporanea). Il Tribunale di Firenze, vista l’ammissione dei fatti da parte della convenuta ed il regime contrattuale ed extracontrattuale ad essa applicabile, accoglie la domanda attorea sul danno non patrimoniale da i.p., respingendo le ulteriori domande (da vacanza rovinata e danno patrimoniale).
Liquida pertanto a titolo di danno, € 2422,50.
La parte decisamente interessante viene dopo e riguarda la trattazione da parte del giudice della richiesta formulata dall’attore in corso di causa di ottenere la liquidazione degli onorari e delle spese legali non solo dello studio italiano ma anche di quello inglese.
Come si legge nelle argomentazioni di parte attrice, quest’ultimo aveva “seguito il caso sin dal principio fianco a fianco con i colleghi italiani, curando la raccolta documentale nonché l’importante attività di coordinamento con l’attore”. Secondo l’attore allora “qualora per la tutela transfrontaliera delle lite sia necessaria l’attività procuratoria in entrambi i Paesi coinvolti, è ormai pacifico che dovranno essere rimborsate entrambe le rispettive spese”, e a proposito viene citata la decisione della Corte di Giustizia Europea, causa C-289/02 AMOK Verlags GmbH c. A & R Gastronomie GmbH.
Sentenza che aveva stabilito la contrarietà all’art. 49 CE e alla direttiva 77/249/CEE di eventuali regole giurisprudenziali nazionali in applicazione delle quali non venissero riconosciute le spese complessive sostenute dalla parte vittoriosa. Nelle parole della Corte “L’art. 49 CE e la direttiva 77/249 vanno tuttavia interpretati nel senso che ostano alla regola giurisprudenziale di uno Stato membro ai sensi della quale la parte che ha ottenuto vittoria di causa in una controversia in cui è stata rappresentata da un avvocato stabilito in un altro Stato membro non può farsi rimborsare, dalla parte soccombente, oltre alle spese di tale avvocato, le spese di un avvocato che eserciti dinanzi al giudice adito il quale, a norma della legislazione nazionale di cui trattasi, era sollecitato ad agire di concerto con il primo avvocato. Infatti, l’obbligo di ricorrere ai servizi di un avvocato il quale eserciti dinanzi al giudice adito implica che le spese relative siano necessarie proprio ai fini di un’adeguata rappresentanza in giudizio. L’esclusione generale di tali spese dall’importo che la parte soccombente deve rimborsare penalizzerebbe la parte risultata vittoriosa, il che avrebbe per conseguenza che le persone legittimate ad agire in giudizio sarebbero fortemente scoraggiate dal ricorrente ad avvocati stabiliti in altri Stati membri. La libera prestazione dei servizi di tali avvocati sarebbe quindi ostacolata e verrebbe pregiudicata l’armonizzazione del settore avviata dalla direttiva”
L’attore allega così negli atti conclusivi il dettaglio anche delle spese legali sostenute dallo studio britannico.
Il Tribunale di Firenze così si esprime sul punto:
“L’attore chiede il rimborso, tra le spese professionali, di quelle per l’attività stragiudiziale e per l’assistenza prestata da uno studio legale inglese, essendo egli residente all’estero[…] Quanto all’intervento dello studio legale inglese, esso può essere giustificato dalla residenza dell’attore, ma pur sempre considerando che il diritto di difesa non implica il diritto di pretendere il ristoro di spese di assistenza professionale esorbitanti rispetto all’entità del diritto sostanziale da far valere; pertanto, le spese sono liquidate in misura proporzionata alla somma riconosciuta come risarcimento dovuto, desunta dalla tariffa di cui al DM 55/14 e quantificabile in € 2500,00 – oltre le spese sostenute in Inghilterra e risultanti pari ad € 7204,53”.
In p.q.m. si trova il dettaglio della somma liquidata: “condanna la convenuta a rimborsare all’attore le spese del giudizio, liquidate in € 13.238,40 di cui € 5000,00 per compensi professionali, ivi compresi quelli per i corrispondenti transfrontalieri, € 186,87 per anticipazioni, € 7204,53 per spese vive sostenute nel Paese di origine ed € 847,00 per rimborso spese di CTU e CTP, oltre rimborso spese generali, imposta e contributi”.
Si tratta di una precedente positivo per i danneggiati vittoriosi in giudizio (siano essi stranieri o italiani) e necessitanti di assistenza legale per approntare, in un altro paese rispetto a quello della lite, parte della tutela dei propri diritti.
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