dI Stefano Commodo ed Enrico Vallarolo – Avvocati –
“Tanto più Notaio, tanto meno Giudice”: con tali parole, già negli anni ’50, Francesco Carnelutti individuava la fuonzione essenziale del notaio, battezzandolo come “uomo consultore” e più ancora come “l’uomo di buona fede” che opera essenzialmente in funzione anti-processuale.
Una massima che, specialmente a partire dalla fine degli anni Sessanta, fu oggetto di numerosi studi ed approfondimenti tesi a costruire e celebrare la funzione di controllo sulla base dell’articolo 28 della Legge Notarile, scorgendo nell’attività del notaio una funzione dispiegata nell’interesse collettivo.
Il che sta a significare che quanto più il notaio fa bene il suo lavoro – e cioè accerta ed interpreta la volontà delle parti che concludono un contratto e redige in modo conforme alla legge e con chiarezza le relative clausole – tanto meno ci sarà bisogno di ricorrere al giudice (e cioè tanto minore è il rischio che l’atto notarile sia fonte di contenzioso).
Il Notaio dovrebbe dunque agire come una sorta di “guardiano del cancello della legalità”, che ammette alla circolazione giuridica, sotto la propria responsabilità, soltanto atti conformi alla legge, come del resto si legge nel sito del notariato ove si afferma che “il notaio deve svolgere per legge una serie di controlli di legalità preventivi, volti a garantire un contratto valido e inattaccabile nel tempo”. Tuttavia, ciò non sempre accade: e quando non accade, non è detto che il Notaio sia ritenuto responsabile!
Qualche giorno fa La Stampa ha riportato il caso di una vera e propriastangata rifilata ad un investitore, che ha visto sfumare nel nulla una bella somma e, insieme, la proprietà dell’immobile che pensava di avere acquistato.
Falsi proprietari, muniti di falsi documenti di identità, hanno ingannato non solo l’acquirente, ma anche il Notaio, proprio la figura professionale che, nell’immaginario collettivo, dovrebbe dare sicurezza alle transazioni garantite dal suo sigillo.
A questo punto il povero truffato, visto che la figura notarile dovrebbe garantire “…un contratto valido ed inattaccabile nel tempo” e visto che i lestofanti sono sempre nullatenenti, pensa di chiedere soddisfazione al notaio del danno subito, ma non è così facile ottenerne ristoro come, invece, si potrebbe pensare: la giurisprudenza è infatti molto favorevole per il ceto notarile e spesso le cause finiscono davvero male per il povero acquirente truffato, con una sentenza che conclude per l’inesistenza di ogni responsabilità a carico del pubblico ufficiale, perché a sua volta ritenuto non in grado di sventare una truffa di cui è a sua volta vittima.
A queste conclusioni è giunto il Tribunale di Torino, II° Sezione Civile, con una sentenza depositata lo scorso 20.1.2016 (e sostanzialmente riconfermata dalla Corte di Appello di Torino, con ordinanza in data 28.9.2016 ), che ha respinto la richiesta di risarcimento danni avanzata dal compratore nei confronti del notaio che stilò l’atto di una compravendita rivelatasi poi una truffa, consistita nello scambio di identità da parte di una terza persona (rimasta non identificata), perpetrata mediante falsificazione di un documento di identità utilizzato ed esibito al notaio stesso. Il Tribunale ha respinto le domande risarcitorie dell’acquirente truffato, mandando esente il Notaio da qualsivoglia responsabilità, ritenendo come ragionevolmente formato il di lui convincimento circa l’identità della parte venditrice sulla base di circostanze di fatto, vagliate dallo stesso pubblico ufficiale.
“Può, pertanto, affermarsi che il notaio non è responsabile dei danni che taluno subisca per effetto dell’erronea identificazione delle parti o, più precisamente, della discordanza tra identità effettiva ed identità attestata, se l’identificazione sia il risultato di un convincimento di certezza raggiunto dal notaio anche al momento dell’attestazione sulla base di una pluralità di elementi che, comunque acquisiti, siano idonei a giustificarlo secondo regole di diligenza, prudenza e perizia professionale…”
Sulla base di tale presupposto, il Tribunale di Torino ha ritenuto “… impretendibile che la convinzione del notaio debba coincidere con una situazione di oggettiva certezza e verità, ma è richiesto che gli accertamenti sull’identità dell’attore siano scrupolosi ed accurati, approccio che non può limitarsi al mero controllo del documento di identità…”.
Questa sentenza, nell’assolvere un notaio dall’azione di responsabilità intentata nei suoi confronti da chi si è trovato con il classico “pugno di mosche” in mano, risulta però un boomerang che alla fine danneggia la figura ed il ruolo del notaio, svuotandone proprio la funzione di garante della transazione che da sempre, come dimostra anche il sito nazionale del notariato sopra richiamato, è stato il principale valore aggiunto che il notaio garantiva.
In pratica, dice il Tribunale: il notaio è tenuto ad una verifica formale dei documenti, in questo caso di identità, che gli vengono sottoposti e non è tenuto a particolari accertamenti e, quindi, neppure può essere responsabile di eventuali truffe culminate con il suo rogito. Il ruolo dei Notai, allora, non è più quello di garantire la certezza nei rapporti giuridici, né quello – sempre affermato – di farsi garanti della sicurezza transazionale operando con la diligenza più qualificata.
Prosegue infatti il Tribunale di Torino richiamando l’orientamento di Cassazione Civile n. 15424/2004, che afferma il principio secondo cui la certezza che deve avere il notaio sulla identità delle parti – e quindi del venditore per quanto riguarda gli interessi dell’acquirente – “…. non esprime una realtà ontologica necessariamente corrispondente all’identità vera ed è una convinzione raggiunta attraverso elementi anche estranei al rapporto interpersonale parte – notaio. Facendo riferimento al convincimento, la norma esclude una equiparazione tra certezza e verità, sicché prescinde dalla necessaria corrispondenza della persona comparsa innanzi al notaio a quella apparente indicata nell’atto. In sostanza, quando attesta di essere certo dell’identità delle parti il notaio esprime un convincimento che può anche non corrispondere alla realtà. Questo sistema flessibile realizza le esigenze dei traffici moderni in una visione dell’economia e dei mercati che supera addirittura l’ambito europeistico”.
In un quadro così “scivoloso” ai danni dell’acquirente, che la superficiale giurisprudenza ora citata vuole addirittura giustificare in forza di pretese “esigenze dei traffici moderni” – quando invece i moderni mezzi consentono una verifica molto più affidabile, rispetto anche solo a venti anni fa, sulla identità delle persone e della effettiva titolarità in capo a loro dei diritti oggetto di una transazione – cosa può fare chi vuole procedere ad un acquisto immobiliare o a rogare un qualsiasi tramite un notaio, per avere una adeguata sicurezza?
Il potenziale compratore deve dare al notaio – e la stessa attenzione devono aver tutti i professionisti, avvocati o agenti immobiliari, che assistono clienti in operazioni simili – un mandato in questi termini: “Egregio notaio, Le conferisco il preciso incarico di verificare con certezza, intesa in senso ontologico, l’identità della parte venditrice Tizio, per accertare senza alcun dubbio che la persona fisica che si presenta come sig. Tizio sia in effetti quest’ultimo e che questi sia in effetti titolare dei diritti di cui vuole disporre a mio favore con l’atto che Le ho dato incarico di rogare”.
Unica soluzione alternativa è quella di ricorrere ad un avvocato che possa ottenere gli effetti desiderati dall’acquirente tramite un accertamento giudiziale, il che certamente mal si concilia con la velocità della “stangata” che si vuole evitare e che invece ben potrebbe essere posta in essere più agevolmente nell’ambito dell’atto notarile, ove le fasi finali si svolgono in pochissimo tempo.
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